VITTIME DI VIOLENZA E GRATUITO PATROCINIO: LA SENTENZA N. 1/2020 DELLA CORTE COSTITUZIONALE
- Avv. Filippo A. Bevilacqua
- 14 gen 2021
- Tempo di lettura: 1 min
È di questi giorni la notizia di una importante decisione della Corte Costituzionale, la n. 1 del 2021, secondo cui le donne vittime di violenza possono accedere al patrocinio a spese dello Stato a prescindere dal loro reddito.
In verità, non si tratta propriamente di una “novità” (come hanno erroneamente titolato quasi tutte le testate), dal momento che la Corte si è “limitata” a confermare la legittimità costituzionale di una norma presente da tempo nell’ordinamento italiano, l’art. 76 comma 4-ter del D.P.R. n. 115 del 30.05.2002 (T.U. Spese di Giustizia).
In particolare, la norma, nella sua attuale formulazione (da ultimo modificata dall’ art. 2, comma 3, D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119, in attuazione della Convenzione di Istanbul dell’11.05.2011) prevede che “la persona offesa dai reati di cui agli articoli 572 [maltrattamenti in famiglia], 583-bis [mutilazioni genitali femminili], 609-bis [violenza sessuale], 609-quater [atti sessuali con minorenne], 609-octies [violenza sessuale di gruppo] e 612-bis [stalking], nonché, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli articoli 600 [schiavitù], 600-bis [prostituzione minorile], 600-ter [pornografia minorile], 600-quinquies [turismo sessuale], 601 [tratta di persone], 602 [acquisto di schiavi], 609-quinquies [corruzione di minore] e 609-undecies [adescamento di minore] del codice penale, può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto”.
Altra informazione fuorviante è quella per cui la norma riguarderebbe la sola violenza sulle donne, mentre la stessa è genericamente riferita alle vittime dei reati elencati, alcuni dei quali sono effettivamente riferiti alle donne (v. mutilazioni genitali), altre neutre (v. stalking).
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