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TESTIMONI DI GEOVA ED EMOTRASFUSIONI


In periodo di accese discussioni sui trattamenti sanitari obbligatori, la Cassazione è tornata sulla nota questione del rifiuto dell’emotrasfusione da parte dei Testimoni di Geova, affermando che “il Testimone di Geova ha il diritto di rifiutare l'emotrasfusione pur avendo prestato il consenso al diverso trattamento che abbia successivamente richiesto la trasfusione, anche con dichiarazione formulata prima del trattamento medesimo, purché dalla stessa emerga in modo inequivoco la volontà di impedire la trasfusione anche in ipotesi di pericolo di vita”. La fattispecie all’esame degli Ermellini riguardava un caso di parto cesareo che, per l’insorgenza di emorragia, richiedeva l’emotranfusione per salvare la vita della madre. Quest’ultima, Testimone di Geova, citava in giudizio il medico e la clinica, chiedendo la restituzione di quanto pagato ed il risarcimento del danno. Secondo la Cassazione, in tali casi, vengono in gioco sia il diritto all’autodeterminazione in materia di trattamento sanitario (art. 32 Cost.) che la libertà di professare la propria fede religiosa (art. 19 Cost.).

A fronte del consenso informato e consapevole, il diniego delle cure deve essere espresso, inequivoco ed attuale, pur essendo valido quello formulato in maniera preventiva.

D’altro canto, richiedete un intervento che può comportare rischio emorragico e contestualmente manifestazione di dissenso all'esecuzione di trasfusione di sangue ove il detto rischio si avveri, significa esigere dal medico un trattamento sanitario contrario, oltre che alle buone pratiche clinico-assistenziali, anche alla deontologia professionale. A fronte di tale determinazione del paziente il medico non ha obblighi professionali e può legittimamente rifiutare la prestazione.

Cassazione civile sez. III, 23/12/2020, n.29469

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